Rimini - Novafeltria
La linea venne attivata nel 1916 fino a Verucchio e nel 1922 raggiunse Novafeltria (all'epoca Mercatino Marecchia).
Doveva essere un complemento alla linea subappennina da Santarcangelo ad Urbino, iniziata e mai terminata.
Era una linea a scartamento ridotto, in concessione alla Società delle Ferrovie e Tramvie Padane. La società concessionaria fallì nel 1932 e per preservarne la continuità di servizio fu costituita una gestione commissariale che la accompagnerà fino alla dismissione.
Gravemente danneggiata dagli eventi bellici venne riattivata nel 1948, e nel tratto tra Verucchio e Pietracuta sfruttò il percorso che doveva essere della mai completata subappennina.
La presenza di curve strette, ed un armamento leggero costringevano i convogli a velocità ridotte; il traffico merci sostenuto dalle cave e dalla miniera di zolfo di Perticara andava scemando e nel 1960 fu dismessa a favore di un "servizio sostitutivo" su gomma.
Attivata nel 1916 come integrazione della linea Subappennina rimase in esercizio fino al 1960.
Da allora è diventata il capolinea delle linee extraurbane degli autobus delle "Padane", poi diventate "Ferrovie Emilia-Romagna".
Più recentemente anche gli autobus l’hanno abbandonata ed il piazzale è diventato un parcheggio che due giorni a settimana ospita il mercato ambulante.
Prima di giungere qui il treno ci accompagnava all’anfiteatro romano, correva accanto alle mura medioevali, ci faceva ammirare l’arco di Augusto ed infine ci portava all’arco della porta meridionale della città.
Questa è stata probabilmente l’ultima stazione a perdere l’armamento, ancora presente negli anni ’80.
Come molte altre stazioni, è una abitazione privata.
La ferrovia correva parallela alla strada statale e qui nei vari paesini si trovavano le stazioni, tutte uguali; nel tempo sono state trasformate e ricolorate in varia maniera.
La “stazione rosa” è anche il nome del bar ospitato al suo interno.
Dopo Villa Verucchio il treno invece di costeggiare il fiume si inerpicava per la collina avvicinandosi al paese di Verucchio; questo per raggiungere una cava di materiale inerte per costruzioni.
Le cave erano ottimi clienti della ferrovia e quindi valeva la pena arrivarci.
Il fabbricato è parte di quello che era il centro studi Pio Manzù.
Una volta ridiscesi si giunge alla stazione di Torello-San Marino, situata a qualche centinaio di metri dal confine.
Qui su un ponte condiviso con la strada attraversava il torrente San Marino; il ponte è crollato negli anni ’90.
Superato il torrente la strada inizia a farsi tortuosa e per superare due avvallamenti vengono costruiti dei viadotti in pietra bianca, pesantemente danneggiati dai bombardamenti.
Nella ricostruzione post-bellica si utilizzò il più lineare sedime della mai attivata subappennina, situato più a valle, e questi viadotti vennero abbandonati.
Dopo aver lasciato la stazione di Pietracuta il treno attraversava il fiume Marecchia e continuava la sua corsa sulla riva sinistra raggiungendo il paesino di Secchiano.
Il migliore cliente della ferrovia era una miniera di zolfo sita nella frazione di Perticara, in cima alla collina.
Dalla miniera una lunga teleferica portava il materiale ad un impianto raccordato con la ferrovia.
Quando la miniera ha cessato la sua attività anche la ferrovia ha chiuso i battenti.
Poco prima di entrare in stazione si incontrava la rimessa dei treni, che cosa sia diventata oggi mi sembra evidente.
Questa era la stazione terminale della linea, oggi trasformata in abitazioni.
Il rifornimento di acqua era vitale per le locomotive a vapore, questa torre per il rifornimento segna anche il termine della linea.